La malattia di Alzheimer, a oggi, è la forma più comune di demenza, raggiungendo quasi il 70% del totale. Seguono la demenza vascolare (17%), quella con i corpi di Lewy (10%) e quella del lobo frontale (5%). Ciò che non fa parte di queste percentuali, rientra nella macrocategoria delle demenze “meno comuni”.
Alcuni esempi? La degenerazione cortico-basale e la corea di Huntington. La sintomatologia di quasi tutte queste malattie più rare è simile a quella dell’Alzheimer: ciò che cambia è, solitamente, la causa scatenante e la gravità. Esiste, tuttavia, una demenza scoperta di recente che imita l’Alzheimer in ogni sua forma. Le differenze sono davvero poche, tanto che fino ad ora non era stata individuata e riconosciuta come vera e propria forma di demenza.
Si chiama encefalopatia TDP-43 ed è stata scoperta da un team di ricerca internazionale coordinato dall’Università del Kentucky. Lo studio è stato, poi, pubblicato sulla rivista Brain.
LA NUOVA SCOPERTA
L’encefalopatia TDP-43 è correlata al sistema limbico che agisce nell’integrazione dell’olfatto e della memoria a breve termine. Non è, infatti, un caso che sia definita anche LATE – Limbic-predominant Age-related Encephalopathy. La causa principale, esattamente come per l’Alzheimer, è l’accumulo neurotossico di proteine. La differenza è che, nel caso dell’Alzheimer, questo accumulo è legato alle proteine amiloide e tau; nella LATE alla TDP-43. Quest’ultima, è una forma anomala della TDP, fondamentale per le cellule e implicata nel metabolismo del RNA.
Lo studio ha anche evidenziato come circa il 25% degli anziani con più di 80 anni presentino la proteina TDP-43. La sua presenza nel cervello risulta, poi, classificabile in 3 stadi: il primo quando la proteina si trova solo nell’amigdala, il secondo quando si diffonde anche nell’ippocampo e il terzo nel giro frontale mediale. In concomitanza all’avanzamento dello stadio, vi è l’aggravamento della malattia.
Ma quali sono i sintomi della LATE? Sono i medesimi dell’Alzheimer: perdita di memoria, disorientamento, sbalzi d’umore, confusione, fino ad arrivare alla privazione dell’autonomia. Individuare questa encefalopatia, però, risulta a oggi quasi impossibile sui pazienti ancora in vita. La ricerca sui biomarcatori nel sangue, in grado di individuarla, sta accelerando ma ancora non è alla portata di tutti.
Non resta, quindi, che cercare di alleviare i sintomi con tecniche di riabilitazione cognitiva e cicli di farmaci per aumentare i neurotrasmettitori nel cervello, esattamente come per l’Alzheimer.
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