Sveglia sul letto ad indicare il sonno

Dormire bene è fondamentale. Infatti, un riposo notturno corretto – sia dal punto di vista della qualità che della durata – ci permette di affrontare al meglio gli impegni della giornata. In particolare, i principali benefici possono essere riassunti quanto segue:

  • Antistress: più ci sentiamo riposati, più allontaniamo le ansie e lo stress.
  • Rigenerazione cerebrale: mentre si dorme il cervello si ripulisce, preparandosi ad affrontare una nuova giornata.
  • Fortificazione del sistema immunitario: durante il sonno il corpo può rigenerare le sue funzioni e ridurre il rischio di ammalarsi.
  • Aiuto a restare in forma: mentre dormiamo vengono prodotti alcuni ormoni che contribuiscono ad attivare il metabolismo, regolando il senso di fame e la capacità di bruciare i grassi.
  • Prevenzione: la carenza di sonno espone l’organismo ad un maggiore rischio di alcune patologie, come l’Alzheimer.

È stato, infatti, scoperto come il dormire bene possa agire come “fattore di riserva cognitiva” che può aumentare la resilienza contro malattie neurodegenerative come l’Alzheimer.

LO STUDIO SUL SONNO ALLE MOLINETTE DI TORINO

Presso l’Università e Centro di Medicina del sonno delle Molinette di Torino è stato condotto uno studio che ha sottolineato l’importanza del corretto ritmo sonno-veglia. Nello specifico, la ricerca – pubblicata successivamente sulla rivista internazionale Acta Neuropathologica Communications – ha analizzato l’effetto di una dormita disturbata in topi geneticamente predisposti al deposito di beta-amiloide, la proteina che causa la compromissione delle funzioni cognitive.

L’analisi si è concentrata sul sistema glinfatico, il meccanismo di pulizia del nostro corpo presente nel sistema nervoso centrale. Durante la fase di veglia, infatti, produciamo delle sostanze di scarto pericolose per il funzionamento del cervello che, per essere sano, necessita di eliminarle. Un sonno frammentato è in grado di mandare in tilt il sistema glinfatico, che non adempirebbe più al suo lavoro. La problematica risiede nel fatto che il sonno frammentato favorisce l’insorgenza e l’aggravamento delle malattie neurodegenerative.

Dalla ricerca è emersa l’importanza della qualità di una dormita: è solo durante la fase REM che il sistema glinfatico svolge efficacemente il suo ruolo di “pulizia”. Per questo motivo, il sonno deve essere considerato come un alleato e non come una pausa passiva.

LO STUDIO IN CALIFORNIA

Uno studio parallelo dell’Università della California di Berkeley ha scoperto come una quantità superiore di sonno non-REM abbia un effetto protettivo contro il declino della memoria. Questa fase comprende i primi quattro stadi del sonno: addormentamento, sonno leggero e le due fasi di sonno profondo.

A scopo di ricerca sono stati selezionati 62 anziani sani che per una settimana hanno dormito in un laboratorio sotto monitoraggio con EEG – per analizzare il sonno – e PET – per misurare la quantità di depositi di beta-amiloide. Al loro risveglio è stato chiesto loro di svolgere degli esercizi di memoria.

Coloro che presentavano una quantità più alta di beta-amiloide e un sonno prevalentemente non-REM, ottenevano punteggi maggiori negli esercizi di memoria. Viceversa, chi raggiungeva più la fase REM, otteneva punteggi più bassi. Per coloro che, invece, presentavano accumuli di beta-amiloide quasi inesistenti, non sono stati raccolti risultati.

 

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