Farmaci sparsi su un tavolo tra cui la Levodopa

Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa che coinvolge alcune funzioni quali il controllo dei movimenti. Una sua prima descrizione è stata rinvenuta in uno scritto di medicina indiana risalente al 5.000 A.C. e, successivamente, in un documento cinese del 500 A.C. Il nome è, però, legato a James Parkinson, un chirurgo londinese del XIX secolo che descrisse per primo gran parte dei sintomi. In particolare, li distinse in due grandi macro-categorie: i sintomi motori come tremori o lentezza nei movimenti, e i sintomi non motori come i disturbi del sonno o la depressione.

Non esiste una cura risolutiva, intesa come una cura che possa portare alla guarigione completa e definitiva. Sono, però, disponibili dei trattamenti che permettono di controllare i sintomi, comportando un miglioramento della condizione generale e della qualità della vita. Primo tra tutti è la terapia farmacologica con la Levodopa.

LA LEVODOPA: IL FUNZIONAMENTO

La Levodopa può essere definita come il precursore fisiologico della dopamina e, proprio per questo, è in grado di migliorare la sintomatologia della malattia. Nel Parkinson, infatti, i sintomi solo strettamente legati alla mancanza di dopamina, che non viene più prodotta. La Levodopa è in grado di raggiungere il cervello, dove viene assorbita dalle cellule nervose e trasformata in dopamina.

Inizialmente, la terapia con Levodopa induce un netto miglioramento dei sintomi. In questo caso si parla di “luna di miele terapeutica” che può durare dai 2 ai 5 anni. Successivamente, però, si manifesta una fase in cui si ha una diminuzione dell’efficacia del farmaco, che porta ad un aggravamento dei sintomi. Nonostante ciò, il trattamento con la Levodopa è considerato il miglior modo per rallentare la progressione verso la disabilità.

LO STUDIO IN AFRICA

Gli studi sulla Levodopa sono sempre stati limitati dal fatto che non è possibile trovare pazienti nella fase avanzata della malattia che non assumano già il farmaco. Recentemente, però, sono stati pubblicati i risultati di uno studio in Africa su 30 pazienti parkinsoniani con una durata media della malattia di 7 anni e che non sono mai stati trattati con la Levodopa.

Dopo un anno dalla prima somministrazione, il farmaco ha determinato un beneficio persistente, anche a distanza di 12 ore dall’ultima dose, quando ormai l’effetto di breve durata (fase OFF) non era più presente. Risultati simili sono stati ottenuti anche a distanza di 2 e 4 anni di terapia. Questo risultato ha dimostrato come non solo la Levodopa sia efficace contro i sintomi del Parkinson ma come determini un beneficio persistente che protegge il paziente anche nelle fasi OFF.

 

Ti è piaciuto questo articolo?

Ricevi il riepilogo mensile direttamente sulla tua mail.