Quante volte ti è capitato di riconoscere una canzone dalle prime note? E di pensare che si trattasse di una canzone e invece era un’altra? È avvenuto tutto grazie ad alcuni meccanismi del cervello in grado di identificare e prevedere le sequenze musicali.

Ascoltare la musica è uno dei passatempi preferiti di molte persone, ma è anche un’attività che spesso facciamo in contemporanea ad altre. Infatti, grazie alla possibilità di poterla ascoltare ovunque ci si trovi, la musica ci accompagna in svariati momenti del nostro quotidiano: mentre facciamo la doccia o le faccende domestiche, quando siamo in macchina o sui mezzi, quando facciamo attività fisica e talvolta anche mentre lavoriamo.

Il motivo per cui abbiamo così tanto a che fare con la musica è legato agli effetti positivi che essa produce sul nostro organismo. Vediamo quali sono nello specifico e come riesce il nostro cervello a riconoscere le canzoni.

Gli effetti benefici della musica

La musica ha sicuramente uno scopo ricreativo, ma non solo. È infatti ormai diffusa in ambito educativo, terapeutico e riabilitativo la musicoterapia come strumento complementare per varie condizioni patologiche.

I suoi effetti positivi si riscontrano in primis sull’aspetto psicologico: quando siamo di cattivo umore è facile che ci rifugiamo nella musica, la quale risulta un valido aiuto anche per combattere vere e proprie situazioni patologiche, come disturbi d’ansia o dell’umore, disagio psichico o, nei casi più gravi, depressione.

La musica è utilizzata come strumento terapeutico anche nella sfera cognitiva, per rinforzare la riserva cognitiva, per migliorare la concentrazione e la memoria e per trattare i deficit dell’apprendimento, l’autismo e le malattie neurodegenerative come la demenza.

Sul piano fisico, la musica regola la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna, la temperatura corporea, la conduttanza della pelle e la tensione muscolare. È inoltre impiegata nel recupero delle capacità motorie in soggetti che hanno subito lesioni da questo punto di vista.

Non è raro l’uso della musicoterapia per i pazienti oncologici e geriatrici e per le donne in gravidanza. Anche nell’ambito del neurosviluppo la musica si rivela un’ottima alleata, poiché influisce positivamente sullo sviluppo della personalità.

Ma al di là degli effetti benefici che la musica può offrirci, cos’è che permette al nostro cervello di riconoscere una canzone?

I meccanismi neurali che ci permettono di riconoscere e prevedere le sequenze musicali

Un gruppo di ricercatori del Center for Music in the Brain dell’Università di Aarhus e del Centre for Eudaimonia and Human Flourishing dell’Università di Oxford ha scoperto quali processi cerebrali si attivano nella percezione della musica, grazie alla misurazione delle onde cerebrali di 83 partecipanti. Lo studio è stato pubblicato su Nature.

I partecipanti sono stati dapprima sottoposti all’ascolto di sequenze musicali da memorizzare e successivamente sono state presentate loro sia sequenze uguali a quelle memorizzate che sequenze con alcune variazioni mentre veniva registrata la loro attività cerebrale attraverso la magnetoencefalografia.

Dai risultati è emerso che la prima area del cervello ad attivarsi è la corteccia uditiva. Essa, una volta elaborato lo stimolo sonoro, invia informazioni all’ippocampo, implicato nella memoria, al giro cingolato anteriore e a quello mediale, coinvolti nell’elaborazione delle emozioni e nei processi di previsione. Tuttavia, sono state identificate anche connessioni in direzione opposta.

In particolare, durante l’ascolto di una canzone, si attiva uno scambio di informazioni dalla corteccia uditiva verso le aree più interne e viceversa. In caso però di variazioni all’interno di una sequenza conosciuta, si attiva nel cervello un’anticipazione consapevole dell’errore, che determina una forte e rapida risposta dell’ippocampo e del giro cingolato in corrispondenza delle sequenze musicali diverse.

Le implicazioni cliniche

Questa scoperta fornisce degli spunti utili per una comprensione più approfondita delle funzioni cognitive e per ulteriori studi sulla salute del cervello. Ciò si traduce nella possibilità di esplorare più a fondo il cambiamento di questi meccanismi cerebrali in relazione all’invecchiamento o al declino cognitivo. In altre parole, si potrebbe indagare l’influenza che il declino cognitivo e la demenza hanno sull’elaborazione cognitiva nel corso del tempo.

Ne potrebbe derivare lo sviluppo di strumenti di screening per rilevare il rischio individuale di sviluppare la demenza semplicemente analizzando l’attività del cervello delle persone mentre ascoltano la musica e riconoscono le sequenze musicali.

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