Essere affetti dall’Alzheimer comporta una serie di difficoltà che danneggiano la qualità della vita. Tuttavia, la situazione potrebbe essere decisamente differente se la malattia fosse presente senza sintomi.
L’Alzheimer è la forma di demenza più diffusa ed essendo una condizione patologica non rappresenta una normale conseguenza dell’invecchiamento. Rientrando nella categoria delle malattie neurodegenerative, possiede un andamento progressivo e irreversibile. La malattia di Alzheimer comporta il deterioramento e la morte delle cellule nervose, in quanto è caratterizzata dall’accumulo negli spazi intercellulari della proteina beta-amiloide e all’accumulo all’interno delle cellule della proteina tau. Ma come si manifesta?
I sintomi principali dell’Alzheimer
Il dominio cognitivo più colpito dall’Alzheimer è quello della memoria. Le capacità mnemoniche sono infatti le prime a essere compromesse. Il sintomo precoce più comune è la difficoltà a ricordare informazioni apprese di recente oppure date o eventi importanti, posti in cui si è messo un oggetto usato frequentemente. Tutto ciò sfocia in problemi sempre più complessi legati alla gestione delle attività quotidiane, con difficoltà di concentrazione e di programmazione.
Altri sintomi che si manifestano con l’avanzare della patologia sono:
- disorientamento spazio-temporale;
- disturbi visivi, come difficoltà di lettura, difficoltà a calcolare la distanza, a stabilire colori e contrasti;
- disturbi del linguaggio, con problemi di espressione verbale;
- riduzione della capacità di giudizio e di prendere decisioni;
- isolamento e ritiro dalle attività sociali come impegni familiari, lavoro e hobby;
- cambiamenti di umore e personalità, con tendenza allo sviluppo di stati depressivi.
Questi sintomi sono necessariamente presenti?
Avere l’Alzheimer e non sentirlo
Uno gruppo di studiosi olandesi ha analizzato i cervelli della Netherlands Brain Bank. Si tratta di un’organizzazione non-profit che conserva il tessuto cerebrale di donatori deceduti affetti da un’ampia gamma di diverse patologie cerebrali. Oltre a ciò, in essa sono conservate anche le rispettive diagnosi neuropatologiche e la storia medica documentata contente il decorso e i sintomi della malattia.
Dalla ricerca è emerso che, alcuni soggetti, seppur in presenza dei processi cerebrali della malattia, in vita si presentavano senza i sintomi clinici dell’Alzheimer. Tale gruppo “resiliente”, composto solo da 12 individui, è caratterizzato da peculiarità cellulari e molecolari uniche, tra cui una maggiore produzione di antiossidanti da parte degli astrociti, percorsi di microglia meno attivi e un probabile maggior numero di mitocondri nelle cellule cerebrali.
Da cosa dipende lo sviluppo della resilienza? Sicuramente attività fisica e attività cognitive possono contribuire a prevenire l’Alzheimer o a ritardarne l’insorgenza. Tuttavia, sebbene molto dipenda dalla genetica e dallo stile di vita, il meccanismo alla base della resilienza è ancora sconosciuto.
Ciononostante, la scoperta di questa particolare caratteristica apre le porte a nuove ricerche. Una futura comprensione di ciò che sta alla base della resilienza potrebbe portare alla creazione di nuovi trattamenti per l’Alzheimer.
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