Quando si riceve una diagnosi di Alzheimer, sono molte le domande che sorgono spontanee. Sia nel paziente, che nei familiari. Una delle domande più comuni riguarda l’aspettativa di vita.
QUANTO SOPRAVVIVE, IN MEDIA, UN PAZIENTE AFFETTO DA ALZHEIMER?
Come si sa, non esiste ad oggi un modo per curare o rallentare l’Alzheimer. Per questo motivo dare una risposta precisa è difficile, se non impossibile. Solitamente, medici e ricercatori sono soliti dire ai loro pazienti che la malattia dura mediamente dai 3 a 9 anni. Anche se i pareri sono spesso discordanti ed esistono casi di persone che hanno convissuto con la patologia anche 20 anni. In ogni caso, secondo le stime più recenti, solo il 3% sopravvive per oltre 15 anni.
In ogni caso, il decorso della malattia di Alzheimer è unico per ogni individuo. Tutto dipende da svariati fattori come lo stato di salute iniziale, la convivenza con altre patologie, l’età e il background socio-culturale. Il dottor Eric Larson, ha svolto diversi studi a tal proposito. Da essi sono emersi diversi fattori che possono influenzare la sopravvivenza con l’Alzheimer. Le donne, ad esempio, vivono più a lungo degli uomini con la malattia. Anche le malattie cardiache o un diabete preesistente possono causare una sopravvivenza più breve.
Nella maggior parte dei casi, la morte non avviene per l’Alzheimer di per sè, ma per altre cause e complicazioni correlate. Come la polmonite che interviene come conseguenza dell’indebolimento del sistema immunitario, cosa che aumenta il rischio di infezioni ai polmoni. Ma anche malnutrizione, disidratazione, malattie infettive e ulcere da decubito.
In ogni caso, alcuni farmaci possono rallentare la malattia per un breve periodo. Allo stesso modo la riabilitazione cognitiva, se effettuata nelle fasi iniziali della patologia, può essere di grande aiuto per migliorare l’aspettativa di vita. E’ un efficace trattamento non farmacologico rivolto ai soggetti colpiti da demenza. Consiste nell’apprendimento di strategie compensatorie e nello sfruttamento delle abilità residue al fine di contrastare il decorso degenerativo.
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