Repetita iuvant! Ti sarà sicuramente capitato di sentire quest’esclamazione, che significa “le cose ripetute giovano”, nel senso che a forza di ripetere una cosa, essa viene appresa. La pratica ripetitiva è quindi utile per sia per l’apprendimento di informazioni o abilità, che per il miglioramento di queste ultime, in particolare per via dei suoi effetti sulla memoria di lavoro.
Ma di cosa parliamo quando nominiamo la memoria di lavoro?
Cervello multitasking: la memoria di lavoro
Hai mai fatto dei calcoli a mente? Quando tieni a mente un risultato parziale che dovrai utilizzare poco dopo, quando in un’addizione o una moltiplicazione tieni a mente il riporto, stai utilizzando la memoria di lavoro.
Non solo, anche quando si è coinvolti in una conversazione, così come quando si legge, interviene questo tipo di memoria. La memoria di lavoro gioca infatti un ruolo essenziale nel processo di comprensione di un discorso o di un testo. Essa permette infatti di individuare e conservare le informazioni rilevanti e di ignorare quelle secondarie o inutili per la comprensione.
Si tratta quindi di quella memoria a breve termine che entra in gioco quando dobbiamo immagazzinare delle informazioni per un tempo limitato mentre svolgiamo attività cognitive complesse. Ma anche di quel tipo di memoria che sta alla base dell’apprendimento e quindi dello studio.
Un altro contesto in cui la memoria di lavoro è chiamata ad agire è per esempio la preparazione di una valigia per un viaggio. Durante questa attività occorre una programmazione con una gerarchia di azioni da eseguire, che andranno tenute in memoria durante la fase d’esecuzione e aggiornate nella mente man mano che vengono svolte.
Avere dei deficit nella memoria di lavoro può implicare disturbi dell’apprendimento ma anche altri tipi di difficoltà che vanno al di là dello studio. In questi casi occorre come prima cosa prenderne coscienza, con l’obiettivo di identificare le migliori strategie per far fronte ai problemi.
Ma cosa succede alla memoria di lavoro quando ripetiamo un compito o un’attività?
La pratica ripetitiva cristallizza i circuiti neuronali della memoria di lavoro
Uno studio condotto da ricercatori della Rockefeller University e dell’UCLA ha dimostrato gli effetti della ripetizione di una determinata attività sulla memoria di lavoro e come essi migliorerebbero la precisione e l’automaticità delle abilità imparate.
Alipasha Vaziri ha sviluppato una tecnologia all’avanguardia utilizzata per osservare simultaneamente 73.000 neuroni corticali in varie profondità della corteccia nei topi, mentre essi identificavano, ricordavano e ripetevano una sequenza di odori per due settimane.
La scoperta è stata che le rappresentazioni della memoria si trasformavano da instabili a solide nei circuiti della memoria di lavoro, man mano che i topi padroneggiavano le sequenze corrette. Pertanto, è emerso che l’esercizio ripetitivo non solo migliora l’abilità, ma va a modificare i percorsi neurali rendendo le prestazioni più accurate e automatiche.
Dunque, essendo la memoria di lavoro fondamentale per il processo di apprendimento, la “cristallizzazione” dei suoi circuiti neuronali, data dalla pratica ripetitiva, migliora l’accuratezza e l’automaticità di un compito appreso.
I ricercatori si propongono di trarre spunto dai risultati di questa ricerca e si aspettano che essi forniscano le implicazioni per affrontare anche i disturbi legati alla memoria.
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