Il gene Grin2C e la sua scoperta nella malattia di Alzheimer
Secondo un articolo pubblicato su Avvenire, un team di neuroscienziati di Torino ha recentemente scoperto un nuovo gene, il Grin2C, legato all’insorgenza della malattia di Alzheimer. Questa scoperta, frutto di otto anni di ricerche, potrebbe aprire nuove possibilità terapeutiche per il trattamento di questa malattia neurodegenerativa (Avvenire, 2025).
Fino ad oggi, erano note solo tre rare mutazioni nei geni Psen1, Psen2 e App, che causano l’Alzheimer in età presenile. Il team torinese ha utilizzato avanzate tecniche genetiche per individuare un recettore del glutammato, un neurotrasmettitore essenziale per funzioni cognitive come memoria e apprendimento. La mutazione del gene Grin2C aumenta l’eccitabilità neuronale, altera le connessioni tra le proteine e accelera la morte cellulare tramite un fenomeno chiamato eccitotossicità, che danneggia i neuroni.
Secondo Elisa Rubino, coordinatrice dello studio, la scoperta che l’eccesso di glutammato è cruciale nello sviluppo dell’Alzheimer è uno degli aspetti più rilevanti. Inoltre, lo studio ha rivelato che i pazienti con questa mutazione hanno mostrato disturbi depressivi anni prima della comparsa di deficit cognitivi. Questo evidenzia l’importanza di fattori ambientali come depressione, ipertensione e obesità, che favoriscono l’accumulo di proteine tossiche nel cervello, come beta-amiloide e tau, contribuendo alla neurodegenerazione.
Il legame tra depressione e Alzheimer è significativo, poiché la depressione farmaco-resistente è un noto fattore di rischio. Sebbene la depressione possa essere influenzata da fattori genetici, è importante considerarla come un sintomo, non una malattia indipendente. Le mutazioni del gene Grin2C potrebbero essere coinvolte nello sviluppo della depressione, ma sono necessari ulteriori studi per confermare questa ipotesi.
Diagnosi precoce dell’Alzheimer
Negli ultimi dieci anni, la diagnosi dell’Alzheimer è cambiata significativamente. In passato, la diagnosi si basava principalmente su test neuropsicologici come TAC e risonanza magnetica, mentre oggi si può fare una diagnosi biologica grazie ai biomarcatori, che permettono di rilevare la malattia prima che diventi conclamata.
Gli strumenti diagnostici più comuni per l’Alzheimer sono l’analisi del liquido cerebrospinale, una procedura invasiva, ma cresce l’utilizzo dell’analisi dei biomarcatori nel sangue, meno invasiva. Questo approccio richiede la definizione di valori soglia, e le linee guida internazionali, aggiornate a maggio scorso, stanno spingendo verso questa direzione.
Una diagnosi precoce è fondamentale per intervenire tempestivamente sui fattori comportamentali e avviare i trattamenti farmacologici. Inoltre, modificare lo stile di vita, migliorando l’alimentazione e praticando attività fisica, può contribuire a rallentare la progressione della malattia.
Lo sviluppo di nuovi farmaci
La scoperta del gene Grin2C rappresenta un passo fondamentale nella comprensione dei meccanismi patologici dell’Alzheimer, aprendo la strada a trattamenti farmacologici mirati per rallentare la progressione della malattia. I ricercatori ritengono che questa conoscenza possa portare allo sviluppo di farmaci in grado di ridurre l’eccitotossicità cerebrale, migliorando così le terapie disponibili. La direzione aziendale della Città della Salute di Torino considera questa scoperta una svolta importante per il futuro delle cure contro l’Alzheimer.
In ambito farmacologico, la ricerca sottolinea l’importanza di proseguire nello sviluppo di farmaci che riducano la tossicità del glutammato. Alcuni farmaci, come la Memantina, già utilizzata per trattare i sintomi dell’Alzheimer, sono in fase di studio per affrontare questo problema. Tuttavia, è fondamentale intervenire prima che la malattia degeneri.
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