Il Parkinson è un disturbo del sistema nervoso centrale, caratterizzato dalla degenerazione di alcune cellule nervose. Quest’ultime producono la dopamina, sostanza che svolge un ruolo importante per il comportamento, la cognizione e il movimento volontario. La malattia si manifesta nel momento in cui la produzione di dopamina nel cervello cala drasticamente.
Normalmente, il Parkinson viene associato a sintomi fisici quali tremori, rigidità, bradicinesia o disturbo dell’equilibrio. Nonostante gli innumerevoli e invalidanti sintomi fisici, questa patologia colpisce anche la salute mentale. Da questo punto di vista, infatti, possono presentarsi numerosi elementi da tenere sotto controllo.
LA SALUTE MENTALE DEL PAZIENTE…
La diagnosi di Parkinson può rappresentare un momento di crisi psicologica sia per il paziente che per la famiglia. Lato paziente, vedere il proprio corpo trasformato e la propria indipendenza minata, può influire negativamente sul tono dell’umore. Non è, infatti, un caso che i sintomi depressivi caratterizzino il 25-40% dei pazienti con Parkinson.
Anche i disturbi d’ansia sono comuni in chi soffre di questa patologia, spesso confusi con quelli della depressione. I sintomi ansiolitici comprendono attacchi di panico, disturbi fobici – come la paura di cadere – comportamenti ossessivo-compulsivi e disturbi somatici.
Non da meno sono i sintomi psicotici. In passato si riteneva che un eccesso della terapia anti-parkinson potesse portare a disturbi della percezione come allucinazioni e deliri. Attualmente, si ritiene che l’insorgenza di tali fenomeni sia dovuta all’effetto dell’interazione tra alcune caratteristiche cliniche e le terapie.
…E DELLA FAMIGLIA
Per i familiari del paziente il Morbo di Parkinson rappresenta un vero e proprio momento di crisi dal momento che l’andamento cronico e progressivo richiede alla famiglia continui adattamenti. Adattamenti quali cambiamenti di ruolo e modifiche delle dinamiche familiari. Questo comporta, a sua volta, un radicale cambiamento dell’identità della famiglia.
Difficoltosa è soprattutto l’accettazione della malattia: il parkinsoniano ci impiega anni prima di accettarla completamente e la stessa cosa vale per la famiglia. Quest’ultima pensa, infatti, di poter controllare la patologia. Nel corso degli anni, però, con il peggioramento dei sintomi, i compiti assistenziali aumentano, facendo crollare tutte le sicurezze che erano state costruite.
Anche l’assistenza in sé può favorire l’insorgenza nei familiari di sintomi fisici e cognitivi: mal di testa, insonnia, sensi di colpa, rabbia, difficoltà nel prendere decisioni e ridotta capacità di concentrazione.
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