La ricerca sul Parkinson mira sempre di più a scoprire metodi per rallentare il decorso della malattia o addirittura prevenirla o bloccarla. Un particolare enzima, chiamato USP30 sembra giochi un ruolo piuttosto rilevante nella malattia di Parkinson. Il suo nome completo è ubiquitina-specifica proteasi 30 e si trova nella membrana esterna mitocondriale e nei perossisomi.

Gli enzimi sono proteine che hanno la funzione di accelerare le reazioni biologiche. Sono infatti catalizzatori biologici perché abbattono l’energia di attivazione di una reazione aumentandone la cinetica.

Ma che relazione ha l’enzima USP30 con il Parkinson?

Enzima USP30 eliminato, Parkinson bloccato

Un gruppo di ricercatori, guidati dal direttore del Centro per la Malattia di Parkinson e i Disordini del Movimento ha dimostrato che l’inibizione di un enzima specifico, l’USP30, in un modello murino protegge i neuroni dopaminergici.

Per giungere a questa conclusione, gli scienziati hanno eliminato il gene che produce l’enzima e hanno osservato che la mancanza di USP30 proteggeva dallo sviluppo di sintomi motori simili al Parkinson, aumentava la capacità di smaltimento dei mitocondri danneggiati nei neuroni e proteggeva dalla perdita dei neuroni dopaminergici.

Una seconda strategia sperimentale, utilizzata per convalidare l’esperimento precedente, ha visto l’impiego di una molecola per bloccare l’azione dell’enzima nei neuroni produttori di dopamina. I risultati sono stati l’aumento della capacità di smaltimento dei mitocondri disfunzionali e la protezione dei neuroni produttori di dopamina.

I due eventi sono connessi fra loro, in quanto la mancata eliminazione dei mitocondri vecchi e disfunzionali influisce notevolmente sulla degenerazione dei neuroni dopaminergici.

Lo studio, nell’ottenere in entrambe le fasi gli stessi risultati, spinge la ricerca in questa direzione. Rende quindi meritevole l’avvio di ulteriori sperimentazioni a conferma degli effetti positivi dell’inibizione di USP30 nella malattia di Parkinson. Qualora questa tesi venisse avvalorata da test successivi, si aprirebbe la strada per lo sviluppo di nuovi farmaci mirati all’enzima, che potrebbero rallentare o prevenire la progressione della malattia di Parkinson nelle persone.

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