post-it che richiamano alcune emozioni umane

I pazienti che soffrono di Alzheimer (AD) tendono ad avere una diminuzione della memoria e delle abilità mentali. Ciò comporta, tra le altre cose, una riduzione della velocità con cui vengono eseguiti determinati compiti, un calo della capacità di memoria e un conseguente aumento di attenzione e concertazione per lo svolgimento di qualsiasi attività.

Nonostante la memoria dichiarativa sia compromessa, questo non implica che anche quella emotiva lo sia. L’University of Iowa ha dato il via ad uno studio per di capire se le emozioni persistono nei pazienti AD. E questo anche dopo che la loro memoria dichiarativa è svanita.

METODI E PROCEDURA DELLO STUDIO

Inizialmente è stato selezionato un campione di 17 pazienti con AD e, successivamente, uno identico di persone sane. Per determinare l’idoneità del gruppo AD, sono state condotte interviste sia coi pazienti che con i caregiver. Grazie a queste sono stati esclusi i candidati che hanno avuto un disordine neurologico o psichiatrico.

Ad entrambi i gruppi sono stati somministrati degli estratti di film (8 spezzoni per un totale di 18 minuti) con l’obiettivo di indurre due emozioni tra loro opposte: felicità e tristezza. Le emozioni dei partecipanti sono state analizzate in 4 punti temporali differenti: durante la somministrazione, dopo 5 minuti, dopo 10-15 e dopo 20-30. In contemporanea a ciascuna valutazione emotiva sono stati somministrati anche test di memoria dichiarativa. A ciascun partecipante, infatti, è stato chiesto di descrivere nel dettaglio alcuni spezzoni dei film visti.

LE EMOZIONI DURANO DI PIU’?

Come previsto, i pazienti con AD hanno mostrato una memoria dichiarativa compromessa per tutti gli spezzoni dei film. Nonostante ciò, però, anche a distanza di 20-30 minuti hanno riferito di provare ancora elevati livelli di tristezza o felicità. Nello specifico, questo risultato è stato evidente soprattutto dopo l’induzione della tristezza che, quindi, si classifica come emozione più persistente. In altre parole, uno stato di emozione negativa, potrebbe essere particolarmente difficile da gestire. E questo perchè i pazienti AD non riescono ad attribuirne la fonte.
Inoltre, lo studio ha dimostrato le grosse conseguenze emotive che ogni semplice azione può comportare. I pazienti con AD, infatti, tendono a dimenticare le azioni in sé, ma continuano a provare le emozioni scatenate da quelle azioni. In questo modo, si potrebbe dare la spiegazione dell’aumento di sintomi psichiatrici e di solitudine nei pazienti trasferiti nelle case di cura.

In conclusione, questi risultati permettono di ragionare sul fatto che le emozioni nei pazienti AD possono avere importanti implicazioni per la loro gestione e cura. Non solo, ma vi è la necessità per i caregiver di favorire il più possibile emotive positive.

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