Danni al DNA e infiammazione cerebrale fanno sicuramente pensare a condizioni patologiche e non a un processo naturale di formazione della memoria a lungo termine. L’infiammazione dei neuroni è infatti spesso collegata a malattie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson.

Il processo di elaborazione mnestica

La memoria a lungo termine è quel magazzino in cui le informazioni permangono per un tempo che varia da alcuni minuti a decenni. Tuttavia, è corretto parlare di memoria da un punto di vista dinamico e non statico. Infatti, l’elaborazione mnestica è un processo composto da fasi:

  1. Quando arriva uno stimolo, esso viene percepito dai nostri sensi e registrato dalla memoria sensoriale.
  2. Qualora venisse prestata attenzione allo stimolo, l’informazione passa nella memoria a breve termine, altrimenti viene dimenticata.
  3. Nella memoria a breve termine l’informazione può essere dimenticata oppure codificata, cioè, tradotta in una rappresentazione interna.
  4. La codifica permette l’immagazzinamento di tale informazione e quindi il suo passaggio nella memoria a lungo termine.
  5. Siamo nella fase di ritenzione, fase in cui l’informazione viene mantenuta nella memoria in seguito all’apprendimento.
  6. L’ultima fase è il recupero, ovvero la riemersione a livello della consapevolezza dell’informazione precedentemente archiviata.

Ma cosa succede durante questo processo alle cellule cerebrali?

Memoria a lungo termine: quando i danni non distruggono ma creano

“Non tutto il male vien per nuocere” è il proverbio che meglio esprime i risultati di un recente studio condotto sui topi. Pubblicato su Nature il 27 marzo 2024, esso ha portato alla luce una scoperta sorprendente.

Durante la formazione della memoria a lungo termine, alcune cellule cerebrali dell’ippocampo sperimentano un’ondata di attività elettrica così forte da spezzare il loro DNA. In seguito a queste rotture, il nucleo rilascia dei frammenti di DNA insieme ad altre molecole e si attiva una risposta infiammatoria. Essa stimola la riparazione di questi danni al DNA con l’obiettivo di consolidare la memoria a lungo termine. Il procedimento di riparazione prevede infatti l’organizzazione dei neuroni in cluster formatori di memoria.

Nella settimana successiva al processo infiammatorio è stato scoperto che i neuroni conservatori di memoria avevano sviluppato una maggiore resistenza alle forze esterne.

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