L’Alzheimer è una patologia complessa a partire dalla sua diagnosi. Al momento, infatti, non esistono test o esami specifici che ne accertino la presenza. Non vi sono, cioè, prove tangibili, ma si arriva alla diagnosi esaminando attentamente le condizioni fisiche e mentali ed escludendo la presenza di altre malattie.

L’unico modo per confermare con certezza la diagnosi di Alzheimer è la valutazione istologica del tessuto cerebrale. Tuttavia, generalmente, l’analisi tessutale viene eseguita post mortem, ovvero viene svolta un’autopsia.

Come si effettua la diagnosi di Alzheimer?

Sebbene non si disponga di uno specifico esame, alla diagnosi di Alzheimer si può arrivare attraverso la raccolta di una serie di elementi che risultano da una visita neuropsicologica, da esami di laboratorio ed esami strumentali.

Durante la visita neuropsicologica vengono chieste informazioni ai familiari del paziente circa il suo grado di autonomia ed eventuali difficoltà riscontrate nella gestione delle attività quotidiane. Spesso, al soggetto viene somministrato un test chiamato Mini-Mental State Examination (MMSE), che consiste nel rivolgergli alcune domande, come il nome della città in cui si trova o il nome di un determinato oggetto. In una seconda parte del test viene chiesto al paziente di svolgere alcune operazioni seguendo semplici istruzioni.

Gli esami di laboratorio prescritti sono sostanzialmente esami del sangue e delle urine, il cui obiettivo è escludere l’esistenza di altre patologie. Infine, gli esami strumentali più utilizzati per avvicinarsi alla diagnosi di Alzheimer sono:

  • risonanza magnetica, per osservare i cambiamenti di un’area del cervello;
  • TAC (Tomografia assiale computerizzata) per osservare lo spessore di una parte del cervello (che si assottiglia rapidamente nei malati di Alzheimer);
  • SPECT (tomografia computerizzata ad emissione di fotone singolo), utile per vedere se il flusso sanguigno nel cervello è ridotto; in caso affermativo, la causa potrebbe essere una diminuzione dell’attività delle cellule nervose, dovuta all’Alzheimer;
  • PET (tomografia a emissione di positroni), che evidenzia cambiamenti funzionali nel cervello, come, ad esempio, un utilizzo anomalo del glucosio.

Benché attualmente l’insieme di quanto descritto rappresenti tutto ciò che si ha a disposizione per diagnosticare l’Alzheimer, una recente scoperta scientifica potrebbe permettere dei passi avanti.

Mini-cervelli riflettono l’Alzheimer

Un gruppo di ricercatori ha sviluppato dei cervelli in miniatura a partire da cellule staminali umane. Essi hanno prelevato le cellule staminali dal sangue umano e le hanno trasformate in cellule cerebrali funzionanti. L’idea è stata del dottor Tyler Wenzel. Egli è stato in grado di costruire degli organoidi sintetici di circa tre millimetri di diametro, unici nel loro genere.

Questi modellini sono composti da quattro diversi tipi di cellule cerebrali, a differenza della maggior parte degli organoidi cerebrali che è composta solo da neuroni. Questo li rende una riproduzione più fedele del cervello umano e permette di analizzare più da vicino le condizioni neuropatologiche dei pazienti, come la malattia di Alzheimer. Tali organoidi creati a partire da cellule staminali di soggetti affetti da Alzheimer, riflettono infatti accuratamente questa patologia, seppur su scala ridotta. Tutto ciò avviene grazie alla capacità delle cellule staminali di trasformarsi in qualsiasi cellula del corpo umano.

Questa tecnologia darebbe la possibilità di cambiare profondamente l’assistenza sanitaria poiché apre la strada per un metodo innovativo di diagnosi e trattamento dell’Alzheimer. Prelevando dai pazienti un piccolo campione di sangue, verrebbero risparmiati tempo e risorse, sia per il sistema sanitario e sia per i pazienti. Essi, infatti, non avrebbero bisogno di recarsi più volte in ospedali e cliniche.

I ricercatori sono quindi intenzionati a proseguire con gli studi e ad espandere i test su un numero più alto di pazienti. Non resta che attendere.

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