Sebbene non sia noto il meccanismo alla base dell’Alzheimer, si è a conoscenza del fatto che a provocare la morte dei neuroni sono le placche di peptide beta-amiloide e i grovigli neurofibrillari di proteina tau. Finora si era pensato che i responsabili degli accumuli di beta-amiloide che causano l’Alzheimer fossero soltanto i neuroni, ma anche le cellule gliali hanno un ruolo rilevante. Di che tipo di cellule si tratta?
Le cellule gliali
Le cellule gliali fanno anch’esse parte del sistema nervoso e svolgono una funzione di sostegno (a livello meccanico e nutritivo) e di protezione dei neuroni. Tra le funzioni più importanti rientrano:
- la formazione della guaina mielinica, una struttura isolante che avvolge gli assoni;
- la costituzione della barriera emato-encefalica, una sorta di filtro, che impedisce a numerose sostanze chimiche di entrare a contatto con il liquido extracellulare cerebrale;
- la regolazione del sistema immunitario.
Alcune cellule gliali specializzate, durante lo sviluppo neurobiologico, guidano i neuroni immaturi verso le sedi cerebrali utili al loro sviluppo.
Esistono 4 tipologie di cellule gliali:
- microglia, che non originano dall’ectoderma (il foglietto embrionale più esterno della gastrula) e proteggono i neuroni;
- astrociti, che fanno parte della macroglia e regolano la composizione chimica dell’ambiente interstiziale e il nutrimento dei neuroni;
- oligodendrociti, che formano la guaina mielinica e appartengono anch’essi alla macroglia;
- cellule ependimali, che formano un rivestimento nella cavità in cui è localizzato il Sistema Nervoso Centrale.
Così come i neuroni, anche le cellule gliali sono quindi essenziali per il corretto funzionamento del sistema nervoso. Ma in che modo possono contribuire allo sviluppo dell’Alzheimer?
Alzheimer e depositi proteici: il ruolo delle cellule gliali
I ricercatori del Max Planck Institute (MPI) for Multidisciplinary Sciences hanno scoperto che non solo i neuroni producono il peptide beta-amiloide, bensì anche alcuni tipi di cellule gliali, gli oligodendrociti. La quantità prodotta contribuirebbe pertanto alla formazione delle placche.
Non è la prima volta che si viene a conoscenza del coinvolgimento delle cellule gliali nell’Alzheimer. Un precedente studio aveva infatti dimostrato che una mielina difettosa degli oligodendrociti aggrava la malattia di Alzheimer.
Per comprendere la responsabilità degli oligodendrociti nella produzione della proteina beta-amiloide, i ricercatori hanno eliminato un enzima precursore di questa proteina, chiamato BACE1, nei neuroni e negli oligodendrociti dei topi. Attraverso la microscopia 3D a fogli luminosi, hanno poi studiato la formazione delle placche in tutto il cervello, ottenendo un quadro completo della loro presenza nelle regioni cerebrali.
L’assenza di BACE1 ha evidenziato una netta diminuzione dello sviluppo di placche: negli oligodendrociti si è osservata una riduzione del 30% e nei neuroni del 95%. Inoltre, i depositi di placca, a cui contribuiscono anche le cellule gliali, si formano soltanto quando è presente una certa quantità di beta-amiloide nei neuroni.
Pertanto, inibendo BACE1 prima che tale quantità venga prodotta, si ritarderebbe la formazione delle placche e si rallenterebbe quindi la progressione della malattia di Alzheimer in una fase precoce. Questa scoperta potrebbe aprire nuove strade per lo sviluppo di terapie contro l’Alzheimer.
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